Una donazione di 5 euro, un sorriso, un grazie e tanti altri piccoli gesti. Dall’inizio dell’emergenza Covid-19 la macchina della solidarietà a Siracusa non si è mai fermata e anzi i volontari hanno lavorato ancora più degli altri giorni.
La Caritas di Siracusa, come ammesso oggi in diretta ai nostri microfoni da Padre Marco Tarascio, ha visto quintuplicare le richieste di aiuto, così come all’ufficio delle Politiche sociali sono state oltre 6mila le richieste per poter ottenere i buoni spesa messi in campo dal Comune.
Un lavoro di coordinamento, quello tra Comune e Caritas, che insieme a molti altri enti o azioni private di beneficenza, prova a raggiungere tutte quelle fasce di popolazione che oggi soffrono maggiormente. “Siamo stati criticati per aver distribuito i buoni a famiglie apparentemente benestanti – confida l’assessore Furnari -, ma a seguito di verifiche e approfondimenti con gli uffici abbiamo riscontrato come molti nuclei familiari in questi mesi siano passati da un certo tenore di vita a un altro diametralmente opposto”.
Insomma, il Covid, questo nemico invisibile contro il quale si combatte da inizio anno, oltre ad aver rivoluzionato la quotidianità ha inevitabilmente creato nuove “importanti” fasce di povertà. “Spero che tutto questo – prosegue l’assessore – ci lasci come insegnamento il non pensare solo all’apparire, perché in troppi, anche a Siracusa, hanno fin qui vissuto sopra le proprie possibilità.”
E per provare a sostenere tutti si è attivato quell’esercito della solidarietà, composto da uomini e donne (tutti volontari) che con donazioni in cibo e denaro o mettendosi a disposizione ha consentito a un ente come la Caritas di serrare le fila e offrire una risposta ancora più corposa rispetto all’ordinario.
“A oggi – dice Padre Marco Tarascio – abbiamo 70 nuovi volontari. Ci sono i ragazzi della Syrako club, ma tra noi ci sono anche tre ragazzi di religione musulmana che quotidianamente offrono il proprio apporto. Oltre a persone che fino a oggi non si erano mai avvicinate al mondo del volontariato tra persone comuni o chi oggi ha la propria azienda chiusa. Tutti si sono messi in gioco aiutandoci con quello che hanno. Piccoli gesti ma significativi, come quella donazione di 5 euro che abbiamo ricevuto sul nostro conto corrente. Vuol dire che quella persona ha donato ciò che poteva in quel momento.”
Sia il responsabile della Caritas, sia l’assessore alle Politiche sociali non vogliono fare polemica su possibili “furbetti” che potenzialmente potrebbero approfittare della situazione per ottenere una spesa gratuita, ma anzi spostano l’attenzione su quegli esempi virtuosi registrati in questi ultimi giorni.
“Per me se bussi a questa porta vuol dire che hai bisogno – chiosa Padre Marco -. Viviamo un periodo che i vostri figli leggeranno sui libri di storia: l’anno del Coronavirus, l’anno in cui si fermò il mondo, l’anno che la povertà quadruplicò, l’anno in cui medici e volontari persero la vita, l’anno delle messe bloccate, in cui il mondo si fermò il mondo per due,tre,quattro mesi. L’anno in cui ci stiamo riscoprendo umani. Qualche giorno fa – conclude – ho ricevuto la chiamata di una persona, una di quelle che spesso viene guardata con una certa forma di razzismo e che mi ha chiesto di non avere la spesa consegnata perché aveva appena ricevuto il Reddito di cittadinanza”.
Gli fa eco l’assessore Furnari ricordando come dall’avvio dell’erogazione dei buoni spesa, che dovrebbe concludersi questa settimana (una prima tranche), c’è stato anche chi “è tornato a lavorare – dice – chiedendomi di non ricevere il buono da 100 euro, ma di destinarlo a chi ne ha ancora bisogno”.
Il tutto in attesa di una fase 2 che probabilmente per molti vorrà dire tornare alla normalità e mettersi questo triste passato alle spalle. Ma non per Caritas, servizi sociali e mondo del volontariato tutto, che dovranno continuare a ricordarsi e fornire aiuto a “vecchi” e “nuovi” indigenti.