Il cuore grande degli italiani è donna, ha tra i 45 e i 64 anni e risiede nel nord-ovest. Ha un’istruzione superiore e un’occupazione. Denaro, vestiti, cibo, medicinali, giocattoli: tutto ciò di cui c’è bisogno. L’emergenza ucraina ha mostrato, ancora una volta, come gli italiani siano molto reattivi alle cause umanitarie. È questo il dato che emerge nell’anticipazione della ricerca Doxa «Italiani solidali 2021» che sarà presentato al Festival del fundraising di Riccione dal 6 all’8 giugno e che La Stampa ha potuto visionare in anteprima.
Le cause preferite dai donatori
Gli italiani sono più disposti mettere mano al portafogli per la ricerca medico-scientifica (49%), per chiesa, parrocchia e missioni (23%), per la povertà nel nostro Paese (20%). Un italiano su 17, invece, dona per assistenza e/o cura malattia, o disabilità, uno su 22 per ambiente e animali. Un Italiano su 28 ha donato per l’emergenza coronavirus, uno su 39 per aiuti umanitari di emergenza causa terremoti. Solo l’1% per i diritti umani, cioè migranti/rifugiati e donne.
L’onda emotiva per l’Ucraina
Ma il cuore della ricerca riguarda l’effetto della guerra in Ucraina. Gli italiani hanno avuto un sussulto di emotività, solidarietà, generosità come mai in passato per nessuna emergenza lontana o vicina (per esempio il terremoto): 18 milioni di italiani, cioè il 37% della popolazione, ha donato in qualche forma per l’Ucraina. Molto di più che nel periodo dell’esplosione del Covid, che pure aveva segnato un record.
Trend e barriere alla donazione digitale
Gli altri dati che emergono dal rapporto «Italiani solidali» riguardano il trend dei donatori: in decremento a partire dalla crisi del 2008, ma la donazione media è in aumento. Una parte maggioritaria dei donatori italiani, inoltre, alterna l’acquisto di un prodotto nelle campagne di piazza con il coinvolgimento in donazioni per le emergenze (Covid, e ancor di più per la guerra in Ucraina). La principale obiezione alla donazione digitale è l’abitudine del donatore italiano all’acquisto del prodotto solidale in piazza, a cui si affiancano barriere simili a quelle che si presentano nei processi di acquisto online sui siti profit.