Nei giorni più difficili la donna ha donato due buste di spesa e pochi euro al ragazzo affamato. Ora se lo è visto arrivare in bici dal Mezzano a Comacchio per ringraziare e rendere i soldi 

Questa è una bella storia: profuma di dignità e umanità e merita di essere raccontata. Protagonisti Sara Bettola, che ha un distributore di benzina a Comacchio, e un ragazzo del Ghana «di cui non so nemmeno il nome perché alla fine mi sono dimenticata di chiederlo». Tutto ha inizio durante la fase più dura del lockdown, quando non ci si poteva spostare se non per motivi gravi oppure per uscire a fare la spesa. Non c’erano bus, treni e certamente non si potevano chiedere passaggi in macchina. Erano giorni tremendi per tutti, per qualcuno ancora più che per altri.

QUEL POMERIGGIO

«Io ho due cani – spiega la donna –, e almeno una volta al giorno li portavo fuori, a pochi passi da casa mia. Un pomeriggio ho incontrato un ragazzo che camminava sulla pista ciclabile. Era tutto sudato, aveva gli occhi persi e lo sguardo di chi ha bisogno di aiuto. Gli ho quindi chiesto se potessi fare qualcosa e fatto presente che non poteva andare in giro altrimenti sarebbe finito dei guai». Lui si è fermato e le ha raccontato quello che stava passando.

Fino a prima della chiusura lavorava nei campi nel Mezzano e viveva in un appartamento sui Lidi con altre persone. Poi lo stop forzato e i soldi che pian piano sono finiti. «Quel giorno stava andando a piedi a San Giovanni di Ostellato dove vive suo fratello: aveva bisogno di dieci euro per fare la spesa. Si era mosso a piedi dopo aver aspettato invano l’autobus per ore. Gli ho spiegato dell’autocertificazione, dei divieti e lui continuava a guardarmi come per dire “sì, lo so, ma io intanto ho fame e non so come fare”».

A quel punto «gli ho detto di aspettare un attimo, sono andata a casa ed ho preso i fogli per l’autocertificazione. Gli ho spiegato cosa fare, come compilarla e gli ho raccomandato di non andare in giro senza».

In più, «ho preso tutto quello che avevo in casa: ceci, fagioli, uova, pasta, frutta e verdura e gli ho preparato alcune sporte. Erano giorni strani, avevo fatto “la spesa della sopravvivenza” con cibo che si può tenere in casa a lungo. Sono però anche vegetariana, non avevo altro tipo di cibo in casa. Così gli ho dato venti euro, dicendo di usarli per comprare quello che poteva servirgli». Il ragazzo ha accettato, «ma ha precisato che si trattava solo di prestito, che li avrebbe restituiti. Ha preso tutto ed è andato via».

L’EMOZIONE

Sono passati giorni e settimane, la situazione è tornata ad una simil normalità e il primo di luglio «l’ho visto arrivare con due suoi amici – va avanti la donna –. Erano sudati fradici, coperti di polvere e terra dalla testa ai piedi. “È lei che ci ha dato da mangiare e anche i soldi, è lei che dobbiamo ringraziare”: ha detto così, e io mi sono commossa». Intanto «ha tirato fuori dalla tasca venti euro e me li allungati. Ho detto di tenerli, di non rimanere senza ma ha insistito. Mi ha spiegato che adesso lavora, che è tornato in campagna e che può e vuole pagare il suo debito. Mi ha anche detto che se mai avrò bisogno di aiuto lui ci sarà. I soldi li ho presi e lui è stato così fiero di darmeli che mai cancellerò quella espressione dalla mia mente».

I tre, in sella alle biciclette, sono tornati a casa verso i Lidi. Ogni giorno vanno a lavorare nei campi e si guadagnano da vivere. «Io lotto per l’ambiente, per gli animali e sono sempre in spiaggia a raccogliere i rifiuti. Questo per dire che tante volte ho perso la fiducia nel genere umano ma resto convinta che nessuno al mondo debba mai essere costretto a perdere la dignità. Se qualcuno ha fame e sete non possiamo girarci dall’altra parte e quello che mi è successo è la dimostrazione che è il cuore e non il colore della pelle a dare un volto alle persone». —

Annarita Bova

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