Milano, 30 set. (askanews) – Si è parlato anche di “Volontariato d impresa”, di “smart working” e dell’impatto del Covid sui modelli produttivi, nella prima giornata dell’ottava edizione del Salone del Csr (Corporate Social Responsibility) e dell’innovazione sociale, in programma a Milano il 29 e 30 settembre 2020.A parlare del valore strategico e delle potenzialità in termini produttivi e sociali delle attività che coinvolgono azienda e dipendenti in iniziative di company social responsability, c’era anche Gilda D Incerti, CEO di PQE Group, azienda di consulenza e servizi, leader nel settore Life science.”Per noi la company social responsability è un valore – ha spiegato – per cui diciamo che la piccola comunità aziendale diventa un incubatore e un pilota di comportamenti che auspicabilmente verranno riprodotti nella società. Però, al di là di questo, ci sono degli obiettivi da raggiungere insieme e una piccola parte del tempo di tutti può permettere di realizzarli. Penso che ogni azienda abbia i suoi valori e perciò sia più protesa verso certe iniziative piuttosto che altre. La cosa fondamentale è che ci sia effettivamente un Dna dell’azienda che crede in quello che si fa, la fede è la cosa importante. Viceversa se queste iniziative diventano semplicemente operazioni di marketing moderno sono completamemnte svuotate di significato e alla fine falliscono”.Ciò assume un significato particolare proprio in questo difficile periodo segnato dalla pandemia di Covid-19, con tutto quel che, in termini sociali ed economici, ne consegue nel mondo intero.”La cosa che cambia più sostanzialmente è l’allontanamento dagli altri esseri umani, in questo caso dalla filiera dei fornitori e dei clienti. Noi siamo stati abituati in 130mila anni a sviluppare l’empatia basandoci sui sensi che operavano da un incontro face to face. Ora dobbiamo imparare a sviluppare l’empatia lavorando a distanza che è una cosa molto molto difficile”.Tuttavia indietro non si torna e proprio il Covid sembra essere uno spartiacque tra un prima e un dopo, tra uno stile di vita consolidato e un nuovo paradigma sociale.”Non penso che si tornerà in presenza come prima, perché sono profondamente convinta che il Covid sia stato un campanello d’allarme non uno ‘spike’, un evento unico che non ritornerà. Per cui situazioni come adesso, in cui viaggiare è così difficile probabilmente le supereremo ma non si tornerà più come prima, non so se sia una previsione o una speranza, francamente ma io penso di no. Penso che la cosa fondamentale sarà vedere se si riesce a passare da ‘remote working’ a ‘smart working’, perché ‘smart’ include un elemento di valore aggiunto, d’intelligenza. Nella misura in cui riusciremo a sviluppare dei talenti psicologici che ci permetteranno di lavorare a distanza, è chiaro che l’impatto dal punto di vista dell’ecologia, della sanità è talmente a favore del distanziamento che non si potrà tornare a viaggiare come prima”.