Hassan Zubier un infermiere britannico che vive a Stoccolma. L’estate scorsa andato in vacanza in Finlandia con la fidanzata. Oggi Sonya Hstman, cittadina finlandese, lancia una sottoscrizione per raccogliere soldi in suo favore. Perch l’inglese oggi su una sedia a rotelle. Si trovava nel mercato di Turku quando un giovanissimo marocchino, Abderrahman Bouanane, ha cominciato ad accoltellare le donne che gli capitavano a tiro, gridando “Allah Akbar!”. Invece di scappare, come tutti, Zubier ha protetto la fidanzata e poi ha provato a salvare un’altra donna, accoltellata alla gola. rimasto chino sulla vittima per fermare l’emorragia, mentre il terrorista lo colpiva alla schiena, fino a quando un poliziotto ha fermato l’aggressore sparandogli alla gamba. Zubier non ancora guarito dalle ferite e non detto che torner a camminare, ma ripete ci che disse subito a quelli che lo definivano un eroe: Aiutare quella donna a terra mi sembrata la cosa pi normale del mondo. Non potevo fare altrimenti.
L’era degli attentati ha indotto molti commentatori a scuotere la testa e a esprimere opinioni sconsolate su quella che a loro sembra la decadenza dell’Occidente: saremmo una civilt in preda all’egoismo e al declino, che non fa figli, non ha ideali, tutta iPhone e chirurgia estetica, e che al martirio degli jihadisti capace di rispondere solo, a massacro compiuto, con veglie, candele e orsetti deposti sul luogo della strage. ma siamo sicuri che sia cos? Durante tutti gli attacchi in Europa molti cittadini hanno dato prova di non essere poi cos molli, decadenti ed egoisti. Anzi, in molti casi la reazione istintiva, automatica, neppure scelta consapevolmente, stata quella di aiutare l’amico, il compagno o lo sconosciuto, prima ancora di mettere in salvo se stessi. Come possibile? Da dove vengono questi slanci di altruismo? I gesti pi o meno eroici che si ripetono nelle situazioni di emergenza sono in contraddizione con un assunto ancora pi radicato circa la presunta decadenza dell’Occidente, e cio che qualsiasi essere umano pensi, prima di tutto, a soddisfare i suoi interessi e a evitare la propria sofferenza, preoccupandosi degli altri solo se crede di trarne qualche vantaggio. Da oltre tre secoli il pensiero occidentale si costruito attorno a questa convinzione, dall’homo homini lupus di Hobbes a La Rochefoucauld, Mandeville, Bentham, fino alla Teoria della giustizia di John Rawls, che basa tutta la sua filosofia politica sull’assioma che l’uomo per natura indifferente agli altri.
Ma allora, perch la sera del 13 novembre 2015 Ludovic Boumbas mentre cenava ai tavolini della Belle quipe a Parigi si gettato davanti a una donna per proteggerla dalle pallottole dei terroristi, rimanendo ucciso al suo posto? E perch Frank Terrier, il 14 luglio 2016 a Nizza, si lanciato con lo scooter all’inseguimento del Tir bianco che stava investendo decine di persone? Cinquant’anni, impiegato all’aeroporto, vita normale e nessuna precedente propensione all’eroismo, ha fatto scendere la moglie dallo scooter, poi ha cercato invano di incastrare la moto sotto le ruote del camion per fermarlo, riuscito infine ad aggrapparsi alla portiera, e si teneva con la mano destra mentre con la sinistra prendeva a pugni il terrorista Mohamed Lahouaiej-Bouhlel, che cercava di sparargli ma aveva la pistola scarica. Un anno dopo Frank stato decorato con la Legion d’Onore.
Lo psichiatra Florian Ferreri era in servizio all’ospedale Saint Antoine di Parigi la sera dell’attacco al Bataclan, ed rimasto impressionato dalla quantit di gesti di altruismo. Ci interroghiamo sempre su che cosa spinge gli jihadisti a sparare a sangue freddo su innocenti inermi, sul lato oscuro della vicenda. Ma ne esiste anche uno positivo, cio lo sorprendente slancio di empatia e solidariet al quale abbiamo assistito quella sera. La natura umana non per forza egoista. Di fronte alla situazioni stressanti non siamo tutti uguali, dipende dalla storia personale, dall’et, da quello che abbiamo vissuto. Ci sono persone che si ritrovano nell’incapacit totale di essere attive, rimangono bloccate. Altre che vedono moltiplicarsi la loro capacit di azione e compiono gesti inaspettati, mettono in salvo delle persone o riescono a compiere con lucidit gesti di primo soccorso mai provati prima.
L’istinto ad aiutare gli altri nelle situazioni d’emergenza tanto pi sorprendente perch non viene in alcun modo favorito o incoraggiato nella nostra
cultura, in particolare in Europa. Le linee guida dell’Fbi in caso di situazione con persona armata e pericolosa negli Stati Uniti prevedono tre fasi, in ordine di preferenza: run, hide, fight, ovvero scappa, oppure nasconditi, oppure combatti. Nella versione francese, scompare l’eventualit di affrontare direttamente il nemico: secondo le direttive del piano Vigipirate, il governo raccomanda di s’chapper, se cacher, alerter, cio fuggire, nascondersi, dare l’allarme. Quel che si vuole evitare che persone non preparate si mettano in pericolo e intralcino i soccorsi spiega Ferreri. Come quelli che al mare si buttano per salvare una persona che sta annegando tra le onde e non solo non riescono a salvarla, ma finiscono per morire anche loro. In teoria, preferibile l’aiuto pianificato e competente, non spontaneo.
Eppure, c’ chi non resiste all’istinto di aiutare gli altri. Il filosofo francese Michel Terestchenko parla di banalit del bene, completando la celebre formula di Hannah Arendt sulla banalit del male. E fa notare che, molto spesso, i pavidi esecutori di ordini scellerati cos come le persone coraggiose capaci di gesti eroici danno entrambi la stessa spiegazione per i loro atti ignobili o magnifici: Non potevo fare altrimenti, proprio come dice l’infermiere di Turku. I funzionari tedeschi sotto il nazismo non potevano fare altrimenti che mandare gli ebrei a morire perch erano dominati dalle circostanze, dalle regole imposte dal regime, vivevano nell’assenza di s. Coloro che hanno rischiato la vita per salvare il prossimo non potevano fare altrimenti perch sono loro a dominare le circostanze, vivono nella presenza di s. E quando l’io tiene, quando non naufraga nei condizionamenti esterni, dimostra di poggiare su basi innate pi altruiste di quanto siamo abituati a credere.
Tania Singer dirige il Dipartimento di neuroscienza sociale al Max Planck Institute di Lipsia. Figlia dello scienziato Wolf Singer, da anni studia le ragioni neurologiche e chimiche dei comportamenti sociali, ed diventata un’autorit mondiale nello studio dell’empatia (essendosi probabilmente allenata sin dal ventre materno con la sorella gemella). In un esperimento, ha usato la risonanza magnetica per studiare le reazioni cerebrali di coppie nelle quali uno viene sottoposto a una piccola ma dolorosa scarica elettrica, e l’altro assiste a quella sofferenza. Nell’immagine del cervello sul computer, il verde la zona attivata dal proprio dolore, il rosso quella attivata dal dolore altrui. E le due regioni si sovrappongono, non c’ differenza tra il dolore proprio e quello dell’altro. Molti altri esperimenti del Max Planck Institute vengono condotti sui bambini, che il luogo comune vuole completamente dominati dalla ricerca istintiva, automatica e assoluta del loro proprio piacere. Il bambino una sorta di nano vizioso di crudelt innata, in cui si ritrovano immediatamente i peggiori tratti della specie da cui gli animali domestici si tengono alla larga con saggia prudenza, scrive Michel Houellebecq nella Possibilit di un’isola. Eppure, i bambini di 18 mesi filmati nell’istituto (per il documentario Vers un monde altruiste? di Sylvie Gilman e Thierry De Lestrade) hanno la reazione istintiva di raccogliere la matita lasciata cadere dall’adulto dietro la scrivania e ridargliela, e senza che ci sia qualcuno a guardare o ci sia una ricompensa in vista.
All’Infant Cognition Center, il “Baby Lab” dell’universit americana di Yale, l’quipe del direttore Paul Bloom cerca di rispondere a domande fondamentali sui bambini e quindi sugli uomini: esiste una capacit innata di distinguere tra il bene e il male? E se s, che cosa preferiamo? I ricercatori si sono inventati uno spettacolo di marionette da mostrare a un bambino di sei mesi. Un cane di peluche con la maglia bianca cerca di aprire una scatola, e il cagnolino con la maglia blu lo aiuta. Il cagnolino giallo invece interviene per chiudere la scatola. Alla fine dello spettacolo, il bambino pu scegliere se prendere il cagnolino blu, l’altruista, o quello giallo. I risultati sono impressionanti, dice Bloom. Abbiamo ripetuto lo stesso esperimento con centinaia di neonati, e la stragrande maggioranza, quattro su cinque, scelgono il peluche gentile. Siamo abituati a pensare che veniamo al mondo conoscendo pochissime cose, come una tabula rasa, di sicuro rispetto alla moralit. Forse non cos. L’esperimento ha funzionato anche cambiando i colori (per allontanare il sospetto che fossero quelli a influenzare i bambini), e con neonati di appena tre mesi, che non erano in grado di prendere in mano il cagnolino ma distoglievano lo sguardo da quello cattivo.
possibile quindi che esista un istinto all’altruismo. Una forma pi o meno automatica di interesse per il bene degli altri e non solo per il proprio, presente, potente e sincera almeno quanto l’egoismo che di questi tempi gode di un’immagine molto migliore. Rivendicarsi egoisti attira simpatia, si fa la figura delle persone schiette e realiste, al contrario di quegli ipocriti dei buonisti tutti nobili sentimenti e pessime azioni. Ma al di l dell’educazione, della cultura e dello stile di ognuno, la visione di un mondo dominato dall’egoismo sembra semplicemente non corrispondere al vero. Per scacciare ogni tentazione moraleggiante si moltiplicano le voci di quanti, dallo scienziato e monaco buddista francese Matthieu Ricard allo psichiatra americano Richard Davidson, incoraggiano a puntare sull’altruismo perch – oltre a farci sentire narcisisticamente pi buoni – funziona. Abbiamo tutto l’interesse a essere altruisti, dice Jacques Attali, il consigliere dei presidenti francesi da Mitterrand in poi. Essendo altruisti finiamo con il servire al meglio i nostri interessi pi immediati. Aiutare l’Africa oggi ci permetter di non avere milioni di migranti alle nostre porte tra pochi anni. L’aspetto personale diventa ideologico, etico e infine politico. Tutte cose alle quali non pensava Hassan Zubier, quando si fatto accoltellare pur di aiutare una sconosciuta.
Illustrazioni di Ilaria Urbinati
7 febbraio 2018 (modifica il 8 febbraio 2018 | 10:53)
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