“Quest’anno abbiamo un motivo in più per celebrare la festa di S. Rocco, anche se dobbiamo farlo in condizioni di ristrettezza per le misure di prevenzione che è ancora necessarie osservare. Un motivo in più perché, come molti hanno fatto notare, l’esempio di vita di san Rocco e la sua esperienza con la peste presentano delle analogie molto forti con la contemporanea vicenda della pandemia”. Lo ha detto ieri sera mons. Mariano Crociata, vescovo di Latina-Terracina-Sezze-Priverno, nell’omelia della messa per la festa di S. Rocco, presso la parrocchia di Santa Maria Assunta in Cielo, a Cisterna di Latina.
Il Santo, d’origine francese, durante la sua permanenza in Italia nella seconda metà del 1300 si adoperò per curare le persone colpite dalla peste. Secondo la tradizione anche ottenendo guarigioni. “La nota caratteristica di san Rocco – ha osservato Crociata – è davvero l’altruismo, la sua premura per il bene degli altri, ai quali si dedica senza nessuna preoccupazione per sé. Pur di fare del bene agli altri, non teme di esporsi al pericolo e, quando sa di essere diventato un pericolo, non esita a fuggire da ogni frequentazione anche a rischio di rimanere solo e abbandonato da tutti”. Con la pandemia che ci ha colpito “abbiamo imparato il distanziamento fisico e l’isolamento dagli altri, ma non abbiamo imparato abbastanza l’altruismo e la dedizione”, l’osservazione del presule che che ha richiamato gli “esempi eroici” di “medici e infermieri, e di tanti operatori della carità” stigmatizzando invece i comportamenti attuali di tanti, “giovani e meno giovani”, che mettono “in pericolo la salute degli altri con tanta superficialità e noncuranza, magari solo per potersi divertire”. A san Rocco, ha concluso, “non dobbiamo ricorrere solo per chiedere aiuto, ma anche per ottenere la capacità di fare come lui, che si è preoccupato degli altri prima che di se stesso, da vero discepolo di Gesù e da autentico cristiano”.
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