Una settimana importante quella si chiude domenica 20 giugno per lo storico ristorante Umberto di Chiaia: il 13 luglio ha compiuto i suoi primi 105 anni di attività, dal momento che la fondazione risale al 1916. La famiglia Di Porzio ha deciso di festeggiare all’insegna della solidarietà per ben sette giorni, senza mai dimenticare il suo passato fatto di momenti duri, di riprese e ripartenze proprio come questo particolare periodo. Per l’occasione c’è un progetto di assistenza per i bambini.
«Fino a domenica – spiega Massimo Di Porzio, presidente regionale della Federazione pubblici esercizi e proprietario con le sorelle Roberta, Lorella e Linda del locale – regaleremo un pezzo di pane proprio legato alla leggenda del Pane di Sant’Antonio, prodotto con il nostro lievito madre a tutte le persone che ci verranno a trovare al ristorante, in cambio di un piccolo contributo, una donazione che sarà interamente devoluta all’associazione “Pianoterra Onlus” per il progetto “Mille giorni prima le mamme e i bambini”. Abbiamo realizzato una quarantina di pezzi al giorno, benedetti dal parroco padre Enrico Ferrara. La donazione media è stata di 5 euro a pezzo, a cui si aggiungerà un nostro contributo che servirà a finanziare l’idea progettuale». Le foto della benedizione del pane sono di Rocco Andrisani.
IL PANE DI SANT’ANTONIO
“‘O ppàne p’’e pezziente” era appunto il pane donato ai poveri. Questa tradizione è legata al miracolo della resurrezione del piccolo Tommasino (contenuto nel Libro dei miracoli di Sant’Antonio di Padova, narrato da padre Vergilio Gamboso), un bimbo di venti mesi di Padova annegato in una tinozza piena d’acqua. La madre, scoperto il corpo del suo piccolo deceduto, iniziò a piangere e a pregare Sant’Antonio promettendogli di dare ai poveri, ogni anno, una quantità di grano corrispondente al peso del suo bimbo. Cosìil bambino risorse. Da quel momento nacque la tradizione del “pondus pueri” (il peso del bambino) con la quale i genitori, in cambio di protezione per i propri figli, promettevano al Santo tanto pane quanto era il loro peso. La tradizione del pane benedetto vuole che il giorno della sua festa si benedicano dei piccoli pezzi di pane, che vengono poi distribuiti ai fedeli e consumati per devozione.
CENNI STORICI DEL RISTORANTE
Umberto Di Porzio, figlio di un agricoltore e allevatore di Posillipo, fondò nel giugno 1916 il locale con la moglie Ermelinda in piena Prima guerra mondiale. Umberto era chiamato “treddeta” perché in un incidente di caccia aveva perso due dita della mano destra e per questo era stato riformato. Ermelinda si occupava della cucina, situata dove attualmente si trova la sala ristorante e preparava i piatti tipici della cucina napoletana: ragù, braciole, stoccafisso con patate, spaghetti e quant’altro richiesto dagli avventori. I figli Rosa, Flora, Bianca, Mario e Peppino aiutavano i genitori nella gestione della piccola cantina e spesso era presente anche il nonno Vitale. Nel 1926 gli affari andarono meglio e nacque il moderno ristorante pizzeria. Inizia in quell’anno la storia della pizza di “Umberto”, fatta di ingredienti genuini di lievito madre tramandato di generazione in generazione e di tanta, tanta tradizione. Massimo, Lorella, Roberta e Linda hanno portato il ristorante nel nuovo secolo, adeguandone l’immagine, l’accoglienza e l’offerta culinaria ad una domanda divenuta sempre più attenta ed esigente. E la storia continua: si prepara già la quarta generazione dei Di Porzio con Ale, Ricky, Giulia, Luca, Lorenzo, James e Lio.
OSPITI ILLUSTRI
Il Principe Umberto di Savoia, ultimo re d’Italia per 40 giorni, con il suo seguito di alti ufficiali e bellissime donne di corte andava a mangiare da Umberto dopo aver assistito agli spettacoli teatrali. Anche il calciatore del Napoli Attila Sallustro con la sua amica, l’artista di teatro Lucy d’Albert, finito lo spettacolo teatrale tutte le sere mangiava nel ristorante. Renato Caccioppoli, il matematico napoletano uomo taciturno e di grande complessità, abitava a pochi passi da via Alabardieri, a Palazzo Cellammare in via Chiaia e per diversi anni era stato cliente assiduo quasi sempre solo ma anche, talvolta, in tavolate con altri scienziati come testimonia una delle foto esposte nel ristorante. Eduardo De Filippo nacque nel quartiere di Chiaia, dove aveva la casa il padre Eduardo Scarpetta, e conosceva la cucina di Ermelinda da ragazzino. Famosi i siparietti tra Umberto ed Ermelinda quando si mandava la cena al teatro Sannazaro dove si rappresentava “Natale in casa Cupiello”. Se il cibo ritardava di qualche minuto, si sentiva Eduardo gridare «Ma arriva o nun arriva stu poco ‘e magna?» e tutti andavano nel panico sapendolo esigente e piuttosto irascibile. Ma anche negli anni successivi Eduardo fu spesso a cena nel ristorante, dove preferiva sedersi sempre allo stesso tavolo dietro le tende, per osservare le persone in silenzio da uomo schivo e riservato. E poi l’indimenticata Carla Fracci, Umberto Eco, Domenico Modugno, Giorgio Albertazzi e Franco Franchi che erano soliti riservare un tavolo nell’accogliente e discreta sala di via Alabardieri.