Andrea Berton si autodefinisce ottimista per natura. Friulano, appassionato di cucina sin da quando era bambino, si è fatto le ossa a Milano nella brigata di Gualtiero Marchesi, in via Bonvesin della Riva. A seguire, il classico periodo errabondo che spetta in sorte a tutti gli chef in fase di gavetta, con – tra le altre – un’importante esperienza di Andrea Berton a Montecarlo sotto la guida di Alain Ducasse e una presso la Taverna di Colloredo di Monte Albano, dove ha ottenuto la sua prima stella Michelin, quindi è rientrato nel capoluogo lombardo. È qui che, nel 2005, ha vissuto un ulteriore momento d’oro, inaugurando il Trussardi alla Scala che, qualche anno più tardi, gli frutterà la sua seconda stella Michelin (era il 2009). Da qualche tempo la sua casa è il Ristorante Berton Milano, locale dall’interior minimal e raffinato, nel contesto urbanistico del quartiere di Porta Nuova Varesine. Allo chef il merito di aver fiutato le potenzialità di questa parte di città, quando non era altro che un immenso cantiere a cielo aperto, solcato dal traffico e privo di identità. Ecco quello che ci ha raccontato in un momento di fermo che, da perfetto ottimista, sta cercando di far fruttare dedicandosi alla ricerca e alla sperimentazione di nuove ricette.
Con quali ingredienti le piace lavorare in questo periodo dell’anno?
«Immancabili in questi mesi le carni di selvaggina, capriolo e lepre, ma anche tanti ortaggi e tuberi. Amo molto cucinare piatti a base di topinambur, carciofo e cardo gobbo. Quest’ultimo, poco noto, lo servo accompagnato da bagna cauda e caviale, mentre amo abbinare la croccantezza del topinambur alle uova di salmerino».
La situazione pandemia ha messo a dura prova la ristorazione. Quali sono state le sue mosse anti crisi?
«Innanzi tutto non sono tipo da perdersi d’animo. Fino a quando è stato possibile, abbiamo puntato sulla formula pranzo. Abbiamo fatto un esperimento durante il weekend, dando ai clienti la possibilità di un comodo late lunch sia di sabato, che di domenica, con chiusura alle 18. La risposta è stata al di sopra delle nostre aspettative. Sul resto valuteremo il da farsi nelle prossime settimane, senza escludere categoricamente nessuna possibilità».
Risotto in brodo di gamberi: Andrea Berton ne svela la ricetta sul numero di dicembre di GQ
Quali sono le personalità che hanno maggiormente influito sulla sua formazione?
«Non ci sono dubbi: ho avuto due maestri d’eccezione con Gualtiero Marchesi e Alain Ducasse. Due chef che hanno dato l’imprinting alla mia vita professionale. Essere nelle loro cucine mi ha permesso di imparare tantissimo, a partire dal rispetto degli ingredienti».
Riesce a fare previsioni sul mondo della ristorazione post Covid?
«Inizio col dire che sono ottimista di natura, quindi sono portato a vedere il bicchiere tendenzialmente mezzo pieno. Grazie a questo tipo di visione, sono convinto che – post pandemia – il settore ripartirà con molto più entusiasmo rispetto a prima. Aggiungo che avverrà una sorta di naturale selezione e pulizia: chi in passato ha lavorato bene, ossia con dedizione, passione, onestà andrà alla grande».
Pensa che la gente avrà voglia di andare al ristorante o prevarrà il timore?
«Anche in questo senso tutto sta nel modo di accogliere, nello spazio dedicato ai pasti, nella pulizia della sala. Il desiderio di stare bene in un ristorante avrà la meglio».
Lei, a casa, cosa ama mangiare?
«Non ho piatti feticcio o quello che si definisce un comfort food. Parto da un principio base: quando mangio devo stare bene, altrimenti significa che c’è un problema nel cibo, nella cottura, nell’abbinamento».
Consigli per chi desidera, nel proprio piccolo, curare al massimo la preparazione dei piatti?
«Spendete tempo nella ricerca e nella selezione di materie prime di qualità e studiate come valorizzare i singoli alimenti attraverso le giuste cotture e i metodi di conservazione più appropriati. Sono insegnamenti che fanno la differenza».
Per quanto possibile, ha dei progetti «coming soon»?
«Con tutte le dita incrociate, a metà dicembre dovrebbe ripartire l’avventura nelle cucine del Super G, il celebre mountain club sulle piste di Courmayeur. Un’esperienza sperimentata l’anno scorso con entusiasmo, accolta benissimo dal pubblico di sciatori della valle. Come ovvio abbiamo dovuto rimodulare il progetto in base alla situazione di emergenza, ma la speranza è quella di essere in Val d’Aosta anche per questa stagione invernale».
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