Si chiama “Progetto Empatia”, l’iniziativa, sperimentata in Sicilia, a Milazzo, con un percorso di educazione alla prosocialità, condotto con gli alunni della classi quarte della scuola secondaria di secondo grado, Itet, Leonardo Da Vinci e con le classi seconde e terze dell’Istituto Comprensivo Secondo.

Le emozioni guidano le nostre azioni, ma spesso non le riconosciamo, né sappiamo gestirle. Partendo da questa consapevolezza sono stati pensati i laboratori di educazione all’empatia, inseriti in un più ampio progetto di ricerca che ha dato ai ragazzi gli strumenti per affrontare anche le restrizioni imposte dalla pandemia mondiale.

Avviati in aula, prima delle misure di contenimento della pandemia da Covid-19, i laboratori per imparare a riconoscere e gestire le emozioni hanno fornito agli studenti gli strumenti per affrontare quanto era inimmaginabile.

ICOTEA_19_dentro articolo

Presso l’Itet Leonardo Da Vinci è stata sperimentata la gestione della rabbia e della tristezza, quando queste due emozioni erano vissute in una quotidianità che nessuno pensava potesse essere stravolta dal coronavirus, come, invece è accaduto. E quel manuale di istruzione, appena sperimentato, ha fornito input utili per affrontare il distanziamento, dopo la chiusura anticipata della scuola, luogo fisico di formazione ma soprattutto di incontri.

Gli studenti dell’Istituto Comprensivo Secondo, più piccoli rispetto a quelli dell’istituto di istruzione superiore di secondo grado, dopo l’esperienza in classe, hanno, addirittura, chiesto di continuare con la didattica a distanza, attivata durante il periodo di lockdown, con appuntamenti settimanali, tramite Google Meet.

Così gli incontri online si sono trasformati in momenti di sostegno emotivo e di confronto. I ragazzi hanno sentito l’esigenza di leggersi dentro, di sperimentare cosa fossero le emozioni e di acquisire un vero e proprio lessico emotivo. Così, dalle loro postazioni, attraverso la DaD, hanno scandagliato rabbia, paura, tristezza, gioia, disgusto e meraviglia e hanno imparato a processare ciò che sentivano a livello emozionale, mentre il coronavirus paralizzava il mondo e li privava della loro quotidianità.

Gli alunni che hanno continuato a partecipare al progetto con la DaD ne sono usciti emotivamente più forti, più capaci di relazioni positive tra loro e con i docenti, meno danneggiati dagli effetti del lockdown, come ha testimoniato la platea dei professori, coinvolta, anch’essa, in un’esperienza di formazione a distanza, sulle emozioni e sull’empatia.

I laboratori, volti al potenziamento dell’intelligenza emotiva ed al miglioramento della prosocialità, sono stati realizzati dalla professoressa Maria Di Giovanni, che sta conducendo un’attività di ricerca sul ruolo dei fattori individuali e del funzionamento familiare nello sviluppo di problemi emotivo-comportamentali durante l’adolescenza su due campioni di studenti delle scuole di Milazzo, uno dell’Istituto Tecnico – Economico Tecnologico, Leonardo Da Vinci e uno del Comprensivo Secondo. Un’indagine condotta assieme al professore Pietro Spataro, docente presso l’Universitas Mercatorum di Roma ed alla professoressa Maria Solededad Campos Diez dell’università spagnola di Castilla La Mancha.

Gli alunni del Comprensivo Secondo, coordinati dalla docente referente Giusy Crisafulli,  hanno rielaborato il loro patrimonio emozionale acquisendo consapevolezza ed empatia e hanno affrontato con successo i cambiamenti imposti dalla DaD, riuscendo a lavorare in modo cooperativo e inclusivo.

La didattica a distanza, garantita grazie all’impegno di tutto il corpo docente, come spiega la dirigente Palma Legrottaglie, è riuscita a mantenere quel processo di potenziamento dell’intelligenza emotiva, avviato in presenza. <<Visti i risultati ottenuti, auspichiamo che l’esperienza fatta con il “Progetto Empatia”, condiviso anche con le famiglie, oltre che con il corpo docente, in futuro, possa essere messo a sistema affinché si consolidi come percorso didattico.

L’intelligenza emotiva è una delle soft skills che garantiscono il successo delle persone e la loro affermazione nei diversi contesti, da quello familiare, a quello scolastico a quello lavorativo. Insegnare significa costruire il sapere ed oggi più che mai è necessario potenziare l’intelligenza emotiva, in quanto essa comporta consapevolezza di sé, autostima e abilità sociali>>, conclude la dirigente Legrottaglie, soddisfatta dell’iniziativa.

Sulla stessa lunghezza d’onda la dirigente dell’Itet Leonardo da Vinci, Stefania Scolaro che definisce l’iniziativa <<lodevole, perché è andata incontro alle esigenze nascoste dei ragazzi e sicuramente li ha fatti riflettere. Potrebbe essere un’esperienza da riavviare a settembre, visto che la chiusura della scuola ha interrotto i laboratori>>.

La platea degli alunni dell’Itet Leonardo da Vinci, coordinata dalla docente referente Imma Barillari, ha riconosciuto gli effetti positivi degli incontri per la conoscenza di se stessi e per il miglioramento delle relazioni interpersonali, persino durante la pandemia che ha comportato molte limitazioni e molti cambiamenti. Anche gli alunni del Da Vinci hanno chiesto di riprendere le attività laboratoriali.

<<I comportamenti prosociali possono migliorare l’inclusione sociale>>, ha affermato la professoressa Di Giovanni. <<E’ stato verificato che i bambini che intraprendono comportamenti prosociali si relazionano meglio con i coetanei e corrono meno rischi di essere respinti, per questo dovrebbero far parte di nuovi modelli educativi da estendere agli adolescenti. Ricerche approfondite condotte da studiosi come Bandura e  Newton & Bussey, hanno, inoltre, documentato le associazioni tra disimpegno morale e perpetrazione di varie forme di comportamenti antisociali. Il programma di intervento, che è stato avviato, si è concentrato, quindi, non solo sulla prevenzione del disimpegno morale negli adolescenti, ma prima di tutto sul potenziamento della loro empatia e della capacità di assumere la prospettiva degli altri, come presupposto di un processo di apprendimento della prosocialità. Il coronavirus è arrivato, durante la sperimentazione, come una prova imprevedibile che gli studenti coinvolti hanno affrontato con i nuovi strumenti acquisiti. Un dato che conferma l’importanza dell’intelligenza emotiva e la necessità che le agenzie educative ne adottino strategie di potenziamento.>>

Maria Di Giovanni 



Link all’articolo originale